
Vi siete mai soffermati ad osservare le traiettorie che un auto, una imbarcazione o anche degli esseri umani compiono e valutarne poi quando e se mai si scontreranno?
Credo che sia difficile dare questa risposta, ma personalmente nelle ore passate in attesa, osservo ciò che mi circonda, notando sempre queste piccole traiettorie. Persone che distrattamente si trovano ad incrociare altre direzioni incidenti e spesso pericolose.
In mare per la conduzione di un natante si sta sempre attenti alle rotte degli altri mezzi empiricamente, verificando la posizione propria e quella dell’altro tenendo presente la velocità di entrambi. Per mezzo di una linea e due punti di riferimento immaginari ci si accorge se presto o tardi ci sarà un abbordaggio con conseguente naufragio. Qui si interviene, mai modificando la velocità ma variando la direzione sempre contraria al moto dell’atro mezzo. Sono questi i particolari che mi piace osservare dal vivo, vicino un porto oppure in prossimità di un incrocio. Ed è quello che il protagonista fa nella vita del suo personaggio. Il controllore di volo, mostrando uno spaccato un po’ romantico dove una persona qualunque con spiccate qualità alla precisione e al voler vivere sul filo del rasoio, si trova continuamente a dover prendere delle scelte, il tutto scandito dal tempo.
Forse è difficile comprendere determinate dinamiche nella routine di tutti i giorni, ma quando ci troviamo davanti ad una situazione vissuta nell’imminente pericolo, come un incidente sfiorato pensiamo: “e se fossi passato un secondo prima, cosa sarebbe accaduto?”.
Un film che certamente non ha nulla da invidiare a “Sliding doors” di Peter Howitt che nel 1998 ha scritto e diretto una bellissima opera che lega il tempo al “se fosse…” descrivendo realtà alternative a quel treno perduto o preso. Qui si ha invece un contatto diverso, una serie di eventi che appaiono sempre e solo in quel determinato istante in cui le lancette dell’orologio si posizionano alle 2:22 di ogni giorno, quasi a ricordarti l’appuntamento col passato di due completi sconosciuti che in qualche modo sono destinati a influenzare la vita attuale e quella di altri. Un incontro inaspettato e un puzzle da ricostruire dove ogni apparente viaggiatore in quella stazione si tramuta in un figurante il cui compito è di costruire e ricostruire una scena che piano piano svela la sequenza di eventi richiamando un po’ quello che comunemente si dice “la storia si ripete”.
Una pellicola piacevole e che sicuramente presenta molte analogie con la vita di tutti i giorni e con quei fatidici “7 day” che ognuno di noi vive quando un incontro inaspettato ci riporta sempre allo stesso giorno di quell’incontro che vorremmo continuasse a ripetersi per sette giorni.
Forse possiamo definirlo anche un sequel del famoso “Sliding doors” in una visione attuale dove i “se” non esistono più e si lascia il posto alle certezze della routine in chiave thriller cervellotico dove è il sangue che si deve evitare senza che questo diventi l’elemento preponderante della trama ma la continuazione di quell’incontro divenuto poi Amore. Quello stesso amore che traspare nell’attaccamento alla vita, a quei riti giornalieri che costruiamo per adattare le nostre inclinazioni ai nostri doveri come per esempio raggiungere il luogo di lavoro in bicicletta, oppure fare colazione all’arrivo per liberare la mente prima di un qualsiasi stress pianificato. Quell’amore che poi sfocia in un incontro che come sempre avviene cambierà il corso della propria vita affrondando sfide con se stessi, paure e verità.
Sicuramente da vedere e rivedere per poterne cogliere le sfumature di quei particolari che nella vita di tutti i giorni ci sfuggono ma soprattutto per poter anche sognare e ricordare quegli incontri del nostro passato che ci hanno cambiato, facendoci apprezzare il bagaglio di ricordi che ci portiamo addosso. Quei legami col passato e con quelle persone che con i se sarebbero ancora nella nostra vita o forse che non sarebbero mai esistiti.