Osservando i miei simili appartenente al genere umano mi ha incuriosito una domanda che credo da piccoli ognuno di noi abbia posto ai propri genitori, o quanto meno si è posto a prescindere:
Che cosa è l’Amore?
Fin da quando ne ho memoria non credo di aver mai avuto una risposta dalla famiglia, dalla scuola o dai libri. Ho sempre cercato queste risposte nella conoscenza, nei fatti a me visibili e talvolta presentare le mie curiosità sotto mentite spoglie per il semplice motivo che l’essere umano oltre ad essere un pensatore, può anche diventare una belva assassina che si ciba di sofferenza, trovando nel suo simile la preda ideale per compiere una qualsiasi offesa, soprattutto utilizzando la parola. Tuttavia la scuola e le persone che mi circondavano, mostravano una parte di questo amore.
In realtà se la domanda è posta da un infante, la risposta potrebbe diventare molto fantasiosa mostrando come esempio la sua nascita o il creato, oppure la religione, sviando dalla considerazione personale che ognuno ha del termine Amore.
Molti direbbero che esistono tanti tipi di amore, quello per una donna/uomo, per un genitore, per un figlio, per un oggetto, per una passione, tante quante sono le bellezze di questo mondo.
La verità è che non siamo educati ad Amare!
Sin dalla scuola di prima infanzia si entra a contatto con altri propri simili provenienti da altre famiglie e quindi da altrettante educazioni. Apprendiamo da loro modi di dire e di fare che spesso portano discordia, una parola o un gesto oppure il significato di possesso (mio, tuo, suo). La capacità di fare gruppo emerge già dal giudizio che gli stessi piccoli esserini, che qualche mese prima erano dei bimbi carini circondati da un mondo ovattato di zuccheri e balocchi, diventano spietati nell’attribuire epiteti ingiuriosi o per primeggiare in una piccola comunità.
In quell’asilo, dove il contatto con la natura aiutava in primavera ad aprire i polmoni ma anche la sensibilità verso il creato, in me si era sviluppato quel senso di ricerca di Amore.
Ho sempre pensato che l’Amore fosse verso l’altro sesso, verso una donna, in una visione stilnovistica quasi estremizzata. Eppure col tempo si rivela una profonda verità ossia che non sono educato a comprendere l’Amore.
La scuola ci insegna a distinguere un periodo storico, la nostra posizione geografica rispetto a quella del mondo, la composizione del pianeta terra, come parlare e come scrivere ma non ci spiega come Amare.
Amare significa anche sapersi prendere cura di se, ma non viene insegnato!
Come farlo?
Non solo nell’alimentare il corpo ma anche l’anima, la mente, con azioni e sensazioni volte a migliorare il beneficio fisico e mentale. Una passeggiata, evitare gli elementi collerici, stabilizzare la paura con la conoscenza. E poi?
E poi viene il rapporto con gli altri. Essere sinceri, o pensare al bene comune non è qualcosa che si apprende sui libri, ma vivendo. Ma siamo sicuri che tutti abbiano la voglia di comprenderlo?
Sono domande retoriche a cui dare risposta con la sola logica non serve a molto.
Ho imparato, forse osservando e scontrandomi con altre versioni di noi umani nel mondo, che l’Amore trae giovamento e accrescimento dalla Creatività. Le culture orientali mostrano un lato divino intrinseco all’Amore, la particella divina che va coltivata. Il suo giardino è l’umanità e il suo nutrimento è la creatività. Ma tutto questo non basta se stiamo sempre a guardare l’erba del vicino che cresce. Occorre diventare individualisti nel proprio essere e coltivare una qualsiasi passione che ci permetta di esprimere positività verso se stessi e gli altri. Smettere di ragionare in termini di follower e I like. “Lo faccio perché mi piace” secondo dei limiti ovviamente, l’unico imposto è quello di non recare danno ad altri e al creato.
Alcuni pensieri oshisti, mostrano un lato del Divino che lo impersonifica nell’Amore. La frase che mi ha colpito e che forse contrasta un po’ con l’ideologia divina cattolica: “Dio è amore o forse l’amore è Dio“.
Quindi è facile capire ma altrettanto facile sbagliare. Non si riferisce di certo a quel sentimento di attaccamento che si prova verso qualcuno, qualcosa, o una situazione, bensì ad una connessione diretta col Divino.
Questa cultura orientale sposa in parte quella degli gnostici, disprezzati e perseguitati tanto che oggi ormai sono totalmente estinti sia come cultura che come setta. Dio si compone in due parti, quella femminile rappresentata da Sophia e dalla parte maschile Logos. La prima secondo me è il mio modo di vedere l’Amore, rappresenta la parte Divina, generatrice, mentre la seconda quella creativa, che pragmatizza il pensiero in azione. Per chi volesse approfondire qui potrà trovare molte informazioni sul pensiero di Jung e il concetto di Logos.
Personalmente penso che non siamo stati educati ad amare per il semplice fatto che il sentimento come lo si conosce, è relegato a dogmi culturali e religiosi.
Quindi siamo veramente noi oppure la proiezione di regole e leggi imposte da terzi, fatte proprie e poi trasmesse come verbo?
In verità posso solo vedere con occhi diversi quello che mi circonda. L’amore diventato un balocco, che stabilisce negli individui un senso di appartenenza, lo si misura con tempo definito e poi perenne, come fatica per far funzionare le cose, come permanenza di uno status quo ante ad un incotro oppure ad un momento in cui tutto sembrava puro e letterario sugellato dal “per sempre felici e contenti”.
La risposta a questa mia retorica è semplice, siamo educati a definire amore ciò che in realtà amore non è.
Siamo educati ad essere romantici perché per amare una donna/uomo dobbiamo costruire situazioni artefatte che ne valorizzino l’incontro, che diano un ricordo e quindi un’immortalità indotta. Vediamo un film e vogliamo essere proiettati in quella realtà e allora ci promettiamo che la faremo vivere al nostro corrisposto un giorno che lo incontreremo. Allora qui vedo la mancanza della componente fondamentale citata prima, la Creatività. Creativi nello stabilire un contatto; creativi nel dimostrarsi sinceri, nel raccontarsi senza raccontare, creativi nei gesti semplici. Ecco forse è questo che manca.
Un incontro si definisce sempre con dei connotati anagrafici:
“Come ti chiami? “
“Cosa fai nella vita?”
Eppure se ognuno di noi ispezionasse la propria memoria a lungo termine troverebbe un brandello di mistero nell’incontro con una sconosciuta/o di cui non si è fatto caso a chi fosse o a come si chiamasse, che ci ha lasciato un pezzo di se tanto da scombussolare quella giornata monotona. Forse sono queste persone che ci hanno deviato dalla routine e che magari con quel savoir-faire delicato ci hanno dato modo di pensare sulla bellezza della vita e della sua frugalità di incontri. In quel momento se comprendi di aver incontrato una persona creativa, che forse potresti amare. Ecco questa affermazione si rischia veramente di cadere nell’abitudine di intendere amore come un incantesimo.
Noto che anche fra le conoscenze, amicizie di lunga data vi è sempre quella compomente anagrafica in ogni domanda:
“Come stai?”
“Lavori?”
“Che fai in questo periodo?”
“Dove vivi?”
Mai nessuno che ti domanda se il tuo Amore è cresciuto oppure se in questi giorni sei riuscito ad essere creativo oppure se ti sei lasciato travolgere dalle spiacevoli situazioni quotidiane.
Col sorriso in questo momento, forse l’Amore mi risponde con una canzone bellissima del passato ripresa da due noti cantanti italiani:
Quando riusciremo a rispondere con sincerità alle domande poste dalla cantante Joan Osbourne senza pensare alle eresie contro i dogmi imposti, allora forse ci sarà ancora un barlume di speranza nell’essere umano, educato e pronto a riconoscere il vero Amore, quello Creativo, quello Divino.
Un pensiero riguardo “Educazione all’Amore”