Fiumi d’inchiostro e lettere d’amore

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Un messaggio, una lettera, uno sguardo. Sono questi i fattori scatenanti che ti portano a vagare fra le paure passate e quelle che ancora ti perseguitano.

Perseguitare, un termine ormai troppo abusato nelle conversazioni amichevoli con amici e parenti. In realtà per mettere in atto una persecuzione, deve essere condotta da almeno un individuo esterno, deve possedere una ideologia, deve infrangere una qualsiasi regola sociale ma soprattutto deve ledere la libertà altrui e di chi la commette.

Il passato e i nostri pensieri appartenente a quella sfera temporale non possono certo inseguirci perché è il nostro essere il comburente ad alimentarlo. Semmai possiamo chiarmalo legame col passato, ossessione.

Qualcosa che non abbiamo risolto, una persona che non vediamo più fra i nostri contatti abituali, che siano reali o virtuali, una lettera che conserviamo o semplicemente una conoscenza interrotta o una storia d’amore spezzata.

Personalmente ho dato fondo a tutta la mia immaginazione, in passato, per trascrivere quei momenti e le emozioni vissute, al punto quasi di farne un piccolo romanzo con l’idea di inviarle il manoscritto una volta pubblicato. Fortunatamente è rimasto fra i miei appunti anche se mi riprometto sempre di riprenderlo, perché le persone cambiano e camminano a velocità diverse dalla nostra. Progetti che si abbandonano a causa di queste velocità, ne è piena la vita.

Ha destato sempre la mia attenzione verso la descrizione di un fenomeno fisico dato dalla “somma delle velocità”. In pratica un oggetto ci appare più veloce se questo percorre il suo moto rettilineo contrariamente al nostro verso. Per esempio quando un’auto si trova nella corsia opposta e prosegue in senso contrario. Ci appare più veloce di quello che è in realtà, ed è così che si sommano le due velocità.

Ecco forse è questa la spiegazione che ci permette di capire come le persone si avvicinano e allontanano dalla nostra vita. Seguono un percorso diverso, per un periodo, una direzione parallela ma prima o poi questi prenderanno una strada inversa allontanandosi, per seguire altre vie. Ci appariranno più tosti e scompariranno dal nostro orizzonte.

In realtà l’esercizio della scrittura, creativa, personale o riflessiva, può essere un valido metodo per capire visceralmente ciò che stiamo passando snocciolando le questioni calde e i fattori che le scatenano. Magari per chi volesse essere pià creativo, trascriverlo in forma epistolare, come il classico “Caro Diario”, ma con una componente attiva data dalla lettera di risposta alle nostre domande.

Purtroppo ho notato che questo tipo di romanzi raccontano vicende ben lontane da quelle più leggere e positive che l’Amore può dare. Omicidi, abusi, violenza e degrado sociale.

Epistole, forse chiamarle con un termine arcaico fa più da intellettuale, ma quello che voglio tenere presente è l’incapacità dell’essere umano moderno nel descrivere i propri sentimenti attraverso un semplice foglio di carta che era alla base della comunicazione di un tempo che fu.

Ricordo l’emozione nel ricevere una lettera quando ero più piccolo ma che reciprocamente provavo nell’inviarle, a persone lontane o vicine. Un esercizio oggi sostituito dalle email da applicazioni sullo smartphone, dalla moda del momento.

Conservo ancora quelle ricevute e la “brutta copia” inviata, ad amori passati o ad amicizie, ma che col tempo, si stabilisce una sorta di avversione nel rileggerle. Quasi come se fosse un qualcosa che non deve essere toccato in questo presente, relegato al passato e che tale deve rimanere.

Le domande che vi pongo sono svariate dettate per lo più dalla curiosità, per esempio:

Conoscete lo stile e la calligrafia del vostro amato/a?

Avete mai ricevuto una poesia d’amore, e se sì avete provato a cercarla oggi sul web?

Avete mai scritto delle lettere solo per raccontarvi?

Trovo che la calligrafia oggi, rappresenti la più intima parte di una persona. Determina come ha assimilato l’insegnamento nella scuola primaria e come lo ha fatto suo armonizzando le legature con le altre lettere.

Tralasciando tutto ciò che gravita sui test di comprensione della personalità e quanto altro, vorrei affrontare quella parte più trascendentale della scrittura, ossia la capacità di fare propria una tecnica appresa da altri, con simboli ognuno diverso per accenti, lettere e consonanti.

Figuriamoci poi scrivere una lettera con pennino e calamaio.

Credo che il regalo più bello sia ricevere dal proprio amato/a una lettera scritta di proprio pugno, in bella copia e possibilmente senza cancellature. Significa che nel farlo ha impiegato del tempo, per rileggerla, per trascriverla e per confezionarla. Questa è la prima parte, ma poi il resto lo da il contenuto. Vogliamo mettere poi il profumo della carta.

Forse un rito ormai andato perduto con l’avvento della corrispondenza di massa e quella digitale. Il profumo di una lettera.

Quando la si riceve è un rito quasi liturgico. Con un tagliacarte (o una limetta per le unghie) praticare con attenzione un taglio lungo la linea di piegatura del risvolto di chiusura, facendo attenzione che la lama non andasse troppo in profondità e potesse tagliare quella della lettera. Poi si cerca con lo sguardo il contenuto, sperando magari che insieme alla lettera ci potesse essere qualcosa, un bigliettino o un’immagine, oppure semplicemente un cadeau.

Il rispetto nel prendere in mano gli angoli di questa lettera per non compromettere la tenuta e la brillantezza dell’inchiostro o i profumi.

Sì perchè una lettera possiede anche un suo profumo. Che sia esso dato dall’essenza utilizzata dall’inchiostro (generalmente acre e secco se a mandarlo è un uomo oppure dolce e aromatico se a scriverla si tratti di una donna).

Io stesso sceglievo con cura il mio inchiostro, prediligevo la china nera o blu e si sa quella non profuma certo di rose ma aveva un suo fascino.

Poi ci stava la fragranza del foglio di carta, un profumo che poteva essere dato dal luogo in cui veniva tenuto questo foglio. Se si trattava del “foglio di mezzo” di un quaderno (quasi sempre così) oppure di una risma di fogli bianchi, o di quelli in dotazione con le buste.

Ma quello che accumunava questo legame intimo è proprio la mano che passa sul foglio nel corso della scrittura. Questa conservava alle volte la fragranza che la persona indossava. Diverso quanti i profumi in vendita nei negozi.

Dopo la parte olfattiva si passava alla parte tattile, il foglio. Ruvido o liscio, leggero o spesso. Se la scrittura è marcata e lascia un rilievo evidente nella parte posteriore allora ha utilizzato un quaderno sotto ed ha impresso una certa forza (come spesso si fa con le penne a sfera).

Poi si intraprende una lettura veloce per capirne i tratti più salienti della lettera e successivamente con le rilettura più e più volte.

La bellezza del confezionamento poi richiede rigore. Adoro l’utilizzo della ceralacca da apporre come sigillo. Col tempo ho imparato a costruire buste che potessero contenere cadeau floreali freschi da allegare al prezioso contenuto di una lettera scritta a mano. Fino ad arrivare all’inserimento di caratteri in corsivo fatti al fil di rame. Piccole accortezze che impreziosiscono quel foglio di carta semplice e che danno valore temporale al contenuto.

Ciò che manca oggi, è la cura che si aveva nell’inviare una lettera. Le si infondeva un significato, le si dava sostanza con la cura e la scelta degli inchiostri e della carta. La si legava a noi con l’olfatto e con i pensieri. Le si imprimevano le nostre emozioni. Era un messaggero che per noi percorreva chilometri. Era un ambasciatore. Era un rischio. Era coraggio.

Era tante cose, Amore soprattutto.

Quello stesso Amore che nella vita di molti percorre il solco lasciato dalla penna sul foglio bianco della nostra anima.

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