Despacito quando una canzone unisce i popoli (Parte I)

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Non esiste esternazione massima dell’Amore se non attraverso la sua esecuzione di una serie di note che armonizzate, permettono di toccare i cuori di chi le ascolta tanto da influenzarne le azioni, a dispetto della latitudine in cui ci si trova.

In passato, le operazioni commerciali finanziate dai cantanti professionisti di una certa fama, portavano a generare sodalizi musicali attraverso i loro principali esponenti in onda in quel preciso momento storico. Sodalizi che erano effimeri quanto l’impegno profuso nella causa persa in partenza. Si pensi per esempio a We are the world nel 1985 con la campagna a sostegno del popolo etiope colpita da una tremenda carestia. Un brano che a molti emoziona ancora ma forse a causa della mancanza di un mezzo di condivisione quale internet, non è riuscito nell’intento di portare ulteriori cambiamenti, se non postumi.

Che dire poi del progetto “LigaJovaPelù” con il singoloIl mio nome è mai più che nel 1999 raccoglieva i proventi della vendita per finanziare i progetti umanitari in Kossovo. Con un testo che condannava l’intervento militare e la guerra che flagellava quei popoli. Qui però internet era attivo ma la popolazione mondiale, soprattutto quella italiana, non era del tutto alfabetizzata, digitalmente.

Stessa sorte dei progetti (intesi come brani) di un gruppo iberico a noi sconosciuto Ska-p (mescolanza fra i generi Ska e Punk) dal titolo Tio Sam del 2000 che condannava aspramente l’intervento della NATO sul territorio dell’Iraq, non ha sortito alcun effetto per il genere forse associato per ignoranza, a fattoni e comunisti, ma che in realtà poco aveva a che fare con questi epiteti. Anche qui la presenza dei cellulari WAP e la scarsa capacità di condivisione dei dati musicali, non hanno permesso di porre impronte significative nelle generazioni che vivevano quei fatti storici solo attraverso i telegiornali.

Apprezzabile invece il progetto francese nato sulla scia degli Usa for Africa, che nel 1986, e al giorno d’oggi ancora attivo, costituiscono Les Enfoirés. Per mezzo di alcuni brani scelti ed interpretati dai 40 cantanti professionisti che popolano lo starlet francese, finanziano progetti benefici finalizzati al sostentamento delle persone bisognose. Eppure anche questo progetto rimane ben legato al mondo francofono da cui l’Italia è completamente tagliata fuori e da cui ancora non ha preso ispirazione (figuriamoci copiarlo).

Tuttavia il successo lo troviamo e lo ricordiamo anche, con brani apparentemente da tormentone estivo, spesso provenienti dal mondo latino americano. Si pensi per esempio all’estate del 1989 quando per le strade e sulle spiagge passava quella musica movimentata dei Kaoma Lambada talmente di successo che è durato fino all’inizio del nuovo decennio propinato in tutte le salse remix, non ultima integrata e riadattata da Jennifer Lopez feat. Pitbul On the floor.

In realtà questo brano trae origini da una ballata scritta da un gruppo melodico boliviano i Los Kjarkas formatosi nel lontano 1965, che diede vita alla prima versione originale di Llorando se fué del 1981 e solo ben otto anni dopo fagocitata in puro stile caraibico.

Proprio le cover danno eterna giustizia a brani che altrimenti passerebbero inosservati nel bacino europeo. La diffusione attraverso il web ha completamente abbattuto queste barriere mettendo in comunicazione nazioni apparentemente distanti culturalmente e politicamente che solo la musica, l’arte, l’Amore hanno unito uniformando il linguaggio comprensibile a tutti, le emozioni.

Che connessione esite fra la musica ed il corpo umano?

Allontanandoci per qualche “battuta” dal tema, capire profondamente il legame fra la produzione del suono e il ritmo delle emozioni potrebbe definire il successo sociale di un brano, ispirando i più sensibili, a compiere azioni positive nel corso della giornata ma anche a cimentarsi nel migliorarlo attraverso il radicato senso artistico che intrinsecamente dimora in ognuno di noi.

Un articolo che ho letto spiegherebbe in maniera scientifica questo legame viscerale del mondo scientifico che qui riporto.

Senza troppo approfondire la parte tecnica della composizione ed esecuzione musicale, è importante accennare che la scala tonale, composta da toni e semitoni (bemolle/diesis), fisicamente siano definiti dal numero di oscillazioni di un suono in un determinato arco temporale la cui unità di misura è l’Hertz (Hz).

Nell’articolo viene esaustivamente esposto il valore in Hz di una nota e sulla base del rispettivo emozionale umano è comprensibile lo stato d’animo che essa genera. Ma se questa nota in combinazione ad altre (accordo, bicordo, ecc…) legate dalla gestione del tempo e quindi dai battiti al minuto potrebbe generare un successo o un fallimento del messaggio che si vuole trasmettere.

Questa è la differenza che passa fra un adagio, un andante e un allegro. La scelta corretta contribuirà positivamente all’ascesa.

Analizzando musicalmente “Lambada” e “Despacito”, nello spartito si notano similitudini.

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Fonte: Musescore
despacito-partiture
Fonte: Musescore

Intanto l’indicazione agogica è rappresentata da quel numeretto che si trova in alto a sinistra dello spartito e ne indica lo stile espressivo. Nella prima immagine è pari ad 80 bpm (battiti al minuto) mentre nella seconda è 89.

Utilizzando i termini coloriti introdotti nell’ottocento, questa unità agogica può essere anche inquadrata col termine Andante ossia fra i 76 e i 108 bpm. Per approfondimenti si riporta al sito che lo descrive esaustivamente.

Con la campitura in rosso è stata ritagliata inoltre una porzione di partitura dove si denotano delle simpatiche analogie fra i due brani. Per chi è più interessato a questo aspetto potrà approfondire ascoltando e leggendo la partitura nei link proposti.

Tralasciando gli argomenti specialistici, “è cosa buona e giusta” soffermarsi più sul successo di questo brano nelle nazioni che politicamente stanno vivendo un conflitto anche culturale con l’occidente. Forse la vera speranza per l’unione fra i popoli sta proprio nell’arte, quella di crearla, modificarla e di farla propria, migliorarla e donarla all’etere per poi passare la palla a chi saprà coglierne le sfumature, divulgarla fino ad ottenere quello che i capi di stato e di governo non vogliono fare. Generare un eco continuo e positivo che annunci la reale voglia di cambiamento che da generazioni attendono. Parafrasando una bellissima canzone di Timo Tolkki, ex chitarrista della band speed melodic metal (power metal et affini) Stratovarius, che nei tempi passati mi ha accompagnato in tante vicende: “…the key to the univers is love.

Nella seconda parte di questo articolo, vedremo una rivoluzione e ascolteremo le sue sfumature.

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