Logopedia-genetica, fra Rotacismo e fonetica

Il titolo potrebbe indurre a pensare ad uno studio scientifico e specialistico avente come base una bibliografia medica di rilevante spessore. In realtà si tratta semplicemente di una riflessione, quasi un divagare di idee e concetti empirici personali, sull’evoluzione della lingua in un determinato ambito culturale e geografico, traendo ispirazione da alcune conversazioni passate tenendo presente come viene concepito il difetto-effetto su un determinato luogo, in un contesto socialmente accettato.

Non mi soffermerò nel dare definizioni prese da manuali o da siti, ma semplicemente ad un accenno all’etimologia della parola.

La logopedia, termine puramente di origine greca, formata dalla combinazione delle parole Logos e Paidéia, che concettualmente significa “educazione nel parlare”. Tralasciando la nozione odierna di educazione (forse quasi inesistente in alcuni individui), in ambito medico, questa scienza permette di far comunicare correttamente coloro che si trovano in difficoltà nella pronuncia di determinate parole o lettere, dovute forse a problemi cognitivi e/o fisici tali da rendere necessari degli interventi, ossia miglioramenti, rieducando il soggetto con esercizi mirati.

Non è certamente una disciplina distante dallo studio delle lingue straniere. Si pensi per esempio alla pronuncia di un determinato accento, lettera o dittongo/trittongo. Nel francese sovente ci si trova in difficoltà nell’esecuzione di termini contenenti la “R”, che spesso diventa quasi una forzatura cacofonica più vicina all’espulsione di secrezioni dalla bocca che ad una esecuzione di un suono. Oppure la differenza che passa fra la pronuncia della “U” e del dittongo “OU” dove, nel primo caso, vi era sempre una strage di “i” davanti la lettera da pronunciare. Queste piccole difficoltà che da bambini si superavano col tempo e con assidua lettura ad alta voce, in alcuni casi rari ma presenti, si aveva necessità di una durata più ampia e di sostegno esterno.

Purtroppo nella scuola pubblica la velocità di apprendimento è data dalla presenza di un numero di soggetti in maggioranza capaci di apprendere i rudimenti della lingua piuttosto da dettare alla classe (secondo la valutazione degli insegnanti) il ritmo con cui procedere nello studio degli argomenti. Diverse velocità implicano più insegnanti e più classi, che assottiglia la possibilità di portare avanti un programma ministeriale e quindi nel far superare degli obiettivi preposti dalla scuola per ottenere finanziamenti, puntando ovviamente sui soggetti che meglio si adattano alla velocità a discapito di quelli che necessitano tempo maggiore per l’apprendimento.

Questa sperequazione spesso genera avversione nell’assimilazione di una lingua parlata, senza contare una seconda, che sia anglosassone o neolatina, dove la radice dei termini è totalmente diversa da quella madrelingiua sia per provenienza geografica che per evoluzione linguistica.

Si trascura sempre l’adattamento genetico che abbiamo subito nel corso degli incontri culturali passati, che dovrebbero invece essere tenuti in considerazione quando un determinato modo di pronunciare un termine sia considerato, a secondo del luogo geografico, un errore o una capacità.

Il caso della R moscia o alla francese rappresenta per la lingua italiana, un problema grave dovuto all’assenza della consonante fricativa uvulare, se non in alcuni dialetti o parlate tipiche di un determinato luogo. Tuttavia, alcuni soggetti presentano delle caratteristiche fisiche tali da poter pronunciare tranquillamente questa consonante come se provenisse dalla terra francofona per poi essere sradicato nelle radici e impiantato qui.

Questa caratteristica fonetica articolatoria (fortunatamente non definita come malattia) che a seconda delle latitudini rappresenta un “difetto”, per l’italiano, nella pronuncia della consonante “R”, compensando in alcuni casi con la “L” o la “S” o col classico suono ovulare che caratterizzano i nostri amici francofoni. Questo dovuto per caratteristiche dell’anatomia fonetica articolatoria che non consentono agilmente nel pronunciare determinati suoni.

Conversando con una logopedista e dottoranda francese, ho potuto comprendere come la logopedia sia una disciplina che va oltre il percorso e decorso medico, circoscritta al luogo geografico-linguistico di appartenenza. In pratica vi sono differenze sostanziali fra i soggetti che presentano dislalie fonetiche di lingua madre italiana rispetto a quelli francesi. I primi si trovano in un luogo geografico che culturalmente adotta una lingua priva di consonante fricativa uvulare mentre in altri come la Francia, il Belgio, la Svizzera rappresentano il tratto distintivo di quella determinata cultura. Ovviamente ci si riferisce particolarmente alle lingue francofone, ma sono presenti anche in molte altre come quelle germaniche, berbere e tante altre.

Quindi è politicamente corretto dire che per la lingua italiana la “R” moscia rappresenta un problema di pronuncia mentre nella lingua francese è un tratto distintivo della cultura locale.

Ipotizzando che da un punto di vista genetico, vi sia una correlazione fra rotacismo e discendenza ancestrale questa caratteristica fonetica articolatoria potrebbe essere intesa come un lascito dei nostri avi del passato. Magari attraverso l’analisi degli aplogruppi potrebbe in qualche maniera, aprire la strada verso una visione più ampia di noi nella quarta dimensione, il tempo.

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Fonte: ilsizzi.wordpress.com

Nel link indicato vengono rappresentati esaustivamente le varie tipologie e in alcuni casi anche le caratteristiche fisiche. Tuttavia sono dati estratti tramite analisi genetica con metodo scientifico quindi non è dato conoscere realmente tutti i tratti somatici posseduti per generazioni. In realtà spesso ci troviamo in una condizione in cui molte persone assomigliano ad altre in maniera evidente quasi identica. Particolarità che sono state colte dal web per avviare campagne di ricerca mondiale.

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Fonte: François Brunelle

Apprezzabile quanto mai affascinante l’opera di un artista canadese François Brunelle “Je ne suis pas un sosie!” che ha avuto la sensibilità di fotografare questi gemelli per realizzarne opere fotografiche rappresentative, che in qualche maniera, seppur decontestualizzate possono raccontare dagli sguardi o dalle pose un qualche legame di parentela o semplicemente di amicizia ritrovata

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Fonte: François Brunelle

Magari se si potesse effettuare un’analisi genetica completa si potrebbe scoprire qualche connessione nel passato e questo ci porterebbe a comprendere quanti chilometri il nostro patrimonio genetico ha percorso prima di arrivare a comporre noi stessi. Ma queste sono solo ipotesi e concetti che non potranno essere affrontati se non da ricercatori scientifici, quindi lascio a loro le risposte su cui formulare le domande.

Ma in tutte queste riflessioni, dove si colloca l’Amore?

Ecco, in verità affrontare queste tematiche ci consentono di riportare delle informazioni tralasciando quelli che sono i sentimenti e le emozioni che provi nel trattare gli argomenti che spesso si trovano ben lontani dall’idea romantica di amore. Tuttavia, senza troppe forzature, sta proprio nella genetica il concetto stesso di Amore, quella particella divina che ti permette di riunire diverse culture distanti fra loro e che per volere o necessità si incontrano dando vita ad un nuovo individuo. Oppure l’appartenenza ad una cultura geograficamente distante dal luogo di origine che per avvenimenti sociali, storici o semplicemente metereologici sono stati costretti, per amore verso le generazioni future, a spostarsi arricchendo così il patrimonio genetico esistente ed integrandosi con l’ambiente ospitante.

Oggi, quanto meno in Italia, si trova quasi nella condizione di dover respingere in maniera oltranzista l’idea di socializzare con stranieri di determinate culture, diverse da quella occidentale che per un idealismo indotto o provocato da avvenimenti storici, esclude un qualsiasi punto di incontro fra i popoli che politicamente sono in conflitto.

Ciò non trova riscontro però in Francia dove la presenza di immigrati ormai arrivati alla terza generazione, si trovano integrati, tanto da essere ironicamente rappresentati nei film come “Qu’est-ce qu’on a fait au Bon Dieu?” oppure “Le Missionnaire” passando per “Vive la France”, ahimé mai rappresentato nelle sale italiane. Emblematico lo spaccato di vita degli immigrati nella periferia di Parigi in “Tout ce qui brille” che ti permettono di osservare i sogni e la voglia di emergere di una coppia di amiche che in apparenza uguali ma che nelle azioni e nel modo di seguire quel percorso di affioramento in una società opprimente, ti porta a perdere di vista i punti di riferimento fondamentali.

Qui vedo l’Amore, come esigenza di superare le barriere linguistiche e culturali per costruire ponti di amicizia reciproca. Ma la genetica credo ce lo ricordi sempre, da dove proveniamo e volenti o dolenti è importante accettarlo e sfruttarlo a proprio vantaggio nella vita. Chissà, magari per coloro che sono soggetti al rotacismo, imparare una lingua dove è presente la “R moscia” potrebbe diventare un valore aggiunto e amare questa caratteristica permettendole di trovare un libero sfogo.

Questa volta è un post diverso, ma l’Amore c’è sempre, sia come lo si affronta sia in ciò che si racconta!

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2 pensieri riguardo “Logopedia-genetica, fra Rotacismo e fonetica

  1. Che approfondissi dettagli della fonetica mi stupisce e mi piace.
    Come mai hai voluto approcciarti a questa materia?
    In OT
    Attendo il tuo contributo; da me ho già lasciato qualcosina

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  2. Semplicemente perché mi incuriosiva la tematica che affrontai discutendo con una ragazza francese. Lei asseriva che non esiste correlazione ma secondo me una traccia è presente nei nostri geni.

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