Love di Paul Rust, Judd Apatow, Lesley Arfin, David King

Love

Fonte: Facebook

Mi piace sempre iniziare un progetto traendo ispirazioni da film e serie tv oltre che dalle arti in genere, ma in questo caso voglio concentrarmi sul racconto di una storia che ho trovato particolarmente ideale per trattare il tema di questo blog ed innaugurare la sezione Romancer. Si tratta della serie televisiva appena trasmessa su Netfix “Love” (come riportato nel titolo) e che purtroppo è terminata con la terza stagione.

Qualcuno la conosce?

Spero di no così potrete sicuramente recuperare.

Non mi dilungherò molto sulla trama, sul giudizio critico della serie o l’interpretazione ma approfondirò attentamente le emozioni trasmesse spaziando sulle esperienze umane di vita.

Nell’episodio pilota si può scorgere uno spaccato reale della vita di ognuno di noi. Seppur ci troviamo in presenza di un’ambientazione inusuale per le nostre latitudini, spesso le storie più importanti sono sempre iniziate così. Un incontro casuale con una persona che fondamentalmente non rappresenta il tipo ideale di donna/uomo ma che possiede fascino tanto da colpirti, un trascorso burrascoso, una vita piatta e insoddisfatta, lastricata di occasioni mancate e voglia di riscattarsi.

Racconta un po’ lo stile di vita dei trentenni, almeno per quelli che non vivono in simbiosi col proprio smartphone, dove arrivati ad un punto della propria vita si sentono delusi dal loro vissuto, una o tante ex che ti odiano e tante domande sulla storia appena finita bruscamente. All’ostinata ricerca della “svolta”.

Tralasciando le scene passionali su cui gravitano i due personaggi principali, l’amore qui è palpabile. Non mi riferisco al concetto attualizzato di sentimento dove ognuno di noi si fossilizza sul tutto è destino e che abbiamo il diritto (semmai diventato dovere) di essere felici. Qui si notano le fragilità degli outsider o comunque di coloro che nella vita non potranno mai essere dei vincenti alla prima occasione e dovranno lavorare su se stessi per conquistare un granello di spensieratezza.

Camminando spesso si incrociano sguardi e sovente questi diventano veramente prepotenti nell’osservarti, a chi non è capitato?!

Fondamentalmente sono tutti degli sconosciuti/e nella nostra visione globale del mondo e uno sguardo in più può infastidirci, può diventare una crociata interiore fra chi pensiamo di essere e quello che gli atri credono che siamo. L’unica maniera che l’essere umano ha per incontrarsi, perdonatemi il gioco di parole, è proprio scontrarsi. Che sia uno scontro personale con un altro individuo oppure che siano gli altri a farlo e noi spettatori, questo non importa. Quando qualcosa tocca il nostro animo (o il nostro ego) usciamo dalla modalità letargica e iniziamo a compiere azioni, quelle stesse azioni che speriamo possano essere incisive/decisive per la soluzione di una controversia o che esprima un punto di vista ma soprattutto che siano eclatanti.

Nel modo con cui affronti lo scontro definisce chi sei o chi vorresti essere. Uno sconosciuto che paga la spesa di una donna in difficoltà, o che aiuta a trasportare un peso (che sia fisico o emotivo) non importa, quella è l’occasione di incontro dove due sconosciuti abbandonano se stessi per aiutarsi, per conoscersi, per condividere. Non si hanno pretese perché agli inizi sai che sarà fugace, per via del fatto che quel momento sarà unico, sporadico e diverso in una giornata qualsiasi di una vita qualsiasi. E poi quali speranze puoi avere verso uno/a sconosciuto/a?

Non vi conoscete e fondamentalmente non sai cosa possa avere in comune con te. Così ti lasci travolgere dagli eventi senza pianificare una strategia, senza studiare un percorso perché la mente è concentrata sul presente e tu in quel momento sei aperto, sei dove dovevi essere.

Mi ricorda molto la spiegazione che diede Albert Einstein sul tempo e la relatività, la conoscete?

Vi rinfresco la memoria trascrivendo quello che oggi è diventato uno dei tanti aforismi sull’amore:

“Quando un uomo siede un’ora in compagnia di una bella ragazza, sembra sia passato un minuto. Ma fatelo sedere su una stufa per un minuto e gli sembrerà più lungo di qualsiasi ora.

Più semplice di così non si può. Noi siamo seduti perennemente su quella stufa sperando che passi presto, la nostra vita, le nostre emozioni sono quelle che si provano scottandosi col fuoco e quando viviamo una situazione che sfugge alla routine del quotidiano, diventa significativa e importante nella nostra vita. Quasi vogliamo che diventi stabile e perenne. Nel momento in cui pensiamo questo, ecco presentarsi la morte dei sentimenti, dell’Amore e iniziano le incomprensioni.

La serie come una storia d’amore che nasce, o anche il semplice incontro, è caratterizzato dalla presenza di tre componenti fondamentali: Passato, Presente, Futuro.

Inizialmente affrontiamo il presente, raccontando di noi di chi siamo e cosa facciamo accennando a parti del nostro passato che quasi sempre è fantastico e “leggendario” (parafrasando un’altra serie tv), dove raccontiamo con fierezza le nostre vicissitudini, o spesso evidenziando il “caso umano”. Accenniamo sempre alle nostre debolezze passate e ci crediamo sempre persone nuove perché una donna/uomo è entrata/o nella nostra vita di tutti i giorni e quindi crediamo che la nostra vita abbia preso una piega diversa. In realtà spesso omettiamo quello che siamo, alcolisti, dipendenti da droghe o fumatori (che fidatevi è la stessa cosa solo che la prima è illegale e l’altra è in vendita nelle tabaccherie). Siamo criticoni verso queste persone che abbiano una qualsiasi dipendenza (compresa quella affettiva) e si diventa il salvatore ossia colui che ti condurrà nella felicità, l’eroe. Quando il proprio passato però viene fuori con la presenza di una ex o della famiglia (vedrete negli episodi successivi) allora diventi tu il caso umano, quello da salvare facendo entrare prepotentemente il passato della propria vita. Un lato che non vogliamo mostrare perché ci crediamo troppo perfetti ed invece è proprio quello che ci differenzia, il nostro trascorso.

Nel momento in cui stabilizzi il tuo presente, cercando la svolta (e gettando spesso tutto alle ortiche) ecco che si insinua il futuro. In coppia devi sempre affrontare il discorso “domani” perché, come spesso accade, vogliamo dare una direzione al rapporto. Direzione siamo sicuri?

In realtà vogliamo una destinazione da raggiungere, un traguardo. Sposati entro i 30, a 32 i figli, col primo lavoro stabile mettiamo su casa e via discorrendo. Sono degli step, passaggi o come vogliate chiamarli sempre di destinazioni si parla. Una grande agenzia di viaggi chiamata società ti propone il loro pacchetto ed in base alle tue disponibilità economiche potrai decidere come andarci. Alla fine è sempre una destinazione che affronti in gruppo con altre persone che si trovano sul tuo stesso volo e con cui avrai tanto da spartire.

La maturità della coppia emerge nell’affrontare questa “crisi”. Con questo non voglio mettere in cattiva luce coloro che scelgono la tradizione ma semplicemente è una riflessione fra vita reale-serie tv-emozioni, sia chiaro. Qui non ci sono discriminazioni.

Quando la coppia decide la direzione e non la destinazione avverrà sempre con uno scontro o incontro. Inizialmente si è spinti dal no o dal e poi questo, una volta messo in discussione, diventa un viaggio di consapevolezza personale che spesso mette al centro di tutto se stessi e la coppia. Ci si rende conto che si era schiavi del passato, dei concetti assimilati nel corso della propria vita pensando esclusivamente a cosa non avresti voluto vivere. Poi ti rendi conto invece che gli eventi rivoluzionano le cose, le migliorano se fai un’autocritica di te stesso, abbandoni l’ego e l’individualismo abbracciando così la destinazione che inizia ad intraprendere la coppia rendendoti conto che non ti trovi a dover subire la scelta, ma che sei parte integrante di essa.

Personalmente trovo le serie tv, se ben fatte, rappresentino uno spaccato di vita reale, un po’ estremizzato ma necessario allo sviluppo della trama. Ognuno di noi si può rivedere nel protagonista maschile o femminile e perché no anche nel personaggio secondario che segue in parallelo la vicenda. Tutti noi siamo stati lasciati almeno una volta senza motivo apparente, piuttòsto siamo stati noi a lasciare tanti dubbi. Forse sono proprio questi dubbi che ci escludono nell’affrontare nuove situazioni, il passato che torna prepotentemente, il ritorno di fiamma. Perché in verità nessuno si lascia di comune accordo.

In quale personaggio vi riconoscete di più?

 

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